Tutti sanno che nel 1817 Stendhal, giunto al cospetto dei marmi di Santa Croce a Firenze, si sentì mancare. Ma le cronache sono piene di viaggiatori che in tutte le epoche, giunti per mare, a cavallo, in carrozza, treno o automobile, restano avvinti dalle meraviglie conturbanti dellItalia. È una sensazione indefinibile, un misto di eccitazione, smarrimento, gioia e timore, qualcosa di simile insomma allazione portentosa di un filtro damore. Non si tratta soltanto di bellezza, un termine tanto generico e ammansito da non fare quasi più effetto. Tuttaltro. Il fascino dellItalia è vertiginoso, sbalestrante, assoluto. Charles Dickens, giunto alla sala dei Giganti di palazzo Te a Mantova, disse irritato che gli affreschi «facevano venire lapoplessia», il contrario del «senso di armonia che dovrebbe comunicare unopera darte». Charles de Brosses, dal canto suo, trovava la santa Teresa di Bernini troppo eccitante per una chiesa: «Se questo è amore divino, lo conosco anchio perché se ne vedono tante copie in natura». E Lord Byron rimase stregato dalla cascata delle Marmore «orribilmente bella». Ma cosè questa malia? Cosè questo fascino violento che da secoli piega le ginocchia di viaggiatrici e viaggiatori, costringendoli a una sensuale devozione? Attilio Brilli scava tra i resoconti noti e meno noti, restituendo al mito del viaggio in Italia le sue radici più complete, che risalgono a ben prima della moda del Grand Tour. Con i suoi giardini ordinati oppure selvaggi, le ville magnifiche e le rovine romantiche, i borghi scavati nella roccia e il dedalo opulento di Roma, i dolci declivi collinari e le aguzze montagne, La grande incantatrice ha sempre saputo soggiogare le menti più brillanti del mondo. Eppure, da sempre, tutta questa bellezza noi italiani sappiamo come sperperarla, se già Montaigne, arrivato a Urbino nel 1581, non poté coronare il sogno di una visita alla biblioteca di Federico da Montefeltro perché purtroppo, come gli spiegarono gli imbarazzati cortigiani, le chiavi erano andate smarrite. È forse il nostro destino, essere gli svagati custodi di un tesoro inestimabile. Possiamo solo sperare che nonostante la nostra noncuranza lItalia continui a essere, come sosteneva Vernon Lee, quella «favolosa soffitta colma di carabattole misteriose e di ammiccanti fantasmi nella quale soddisfare gli istinti elementari della finzione e del romanzesco».
Anonimo -