Non siamo fatti per morire, ma per nascere, per nascere continue volte, affermava Hannah Arendt. È vero: lesistenza umana può conoscere nella sua vita diverse cadute, diverse morti e altrettanto diverse ripartenze e rinascite. Ma resta il fatto che il destino mortale della vita appare inesorabile. La nostra vita inizia a morire con il suo primo respiro. Non solo. Essa è circondata da tutte le perdite che lhanno segnata. Non solo le morti delle persone care, ma anche delle separazioni, degli abbandoni, dei tradimenti. In questo libro al centro è il rapporto della vita umana con lesperienza traumatica della perdita. Cosa accade dentro di noi quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca? Quale lavoro ci attende per ritornare a vivere? E cosa accade quando questo lavoro risulta impossibile e ci sentiamo persi insieme a chi abbiamo perduto? Il lavoro del lutto e la nostalgia sono due esempi di come possiamo restare vicini a ciò che abbiamo perduto senza però farci inghiottire dal dolore. Mentre il nostro tempo esalta il futuro, il progetto, lintraprendenza, il lavoro del lutto e la nostalgia ci ricordano che lo sguardo rivolto allindietro non è sempre segno di impotenza, ma può anche alimentare le risorse che servono per essere davvero capaci di vivere con slancio, di non smettere mai di nascere.
Anonimo -