Il modesto eppur vanitoso Ivan Il'ic, un giudice che ha dedicato la sua vita a coltivare "piacevolezza" e "decenza", si trova d'un tratto a fronteggiare l'indecenza suprema: la malattia e la morte. Mentre gli altri, i sani, si ritraggono, abbandonandolo a un'angosciosa solitudine, Ivan Il'ic, pagina dopo pagina, perde i suoi connotati di ambizioso borghese, incapace di accettare che la sua disperazione sia pari alla falsità e vacuità in cui ha vissuto. La potente, spietata, analisi di Tolstoj ci accompagna, con punte di bonaria derisione, fino all'orlo del precipizio. Un capolavoro, in una nuova edizione curata da una tra i più autorevoli slavisti italiani, ancora oggi capace di spingere il lettore a meditare sui grandi misteri dell'esistenza, a comprendere che la mente umana tanto più dignitosamente accoglie il dolore e la morte, quanto più ha imparato a valorizzare ogni istante di vita.
Lev Nikolaevic Tolstoj nasce a Jasnaja Poljana, in Russia, il 9 settembre 1828 da una famiglia di tradizioni aristocratiche, appartenente alla vecchia nobiltà russa.
Questa condizione influenzerà tutta la sua esistenza: da un punto di vista positivo perché avrà opportunità che altri non avranno, ma anche da un punto di vista negativo perché lo distinguerà dagli altri letterati del suo tempo da cui si sentirà spesso escluso.
La madre morirà quando lui avrà solo due anni e dopo
Anonimo -