Progettato come una biografia, se non agiografia, del grande Gaetano Filangieri, "La patria napoletana" si è trasformata via via tra le mani di Elena Croce in uno dei libri più complessi e compositi - ma insieme più lievi e trascinanti - sulla quintessenza ambientale, sociale e filosofica di una Napoli fra Sette e Ottocento che sembra sfuggire ad ogni stereotipo. In un solo libro disponiamo così molti libri: di una galleria di ritratti memorabili; di medaglioni intagliati con sapienza figurativa prima ancora che psicologica: di una disamina di tutte le classi e le fasce sociali, rubricate nei loro tic più irritanti, folkloristici e caratterizanti; di una non convezionale analisi storica della Rivoluzione del '99; di raffinati scandagli storico-letterari. Fra tutti questi motivi, il promesso profilo di Filangieri - occultato Leitmotiv. Ma la prima sorpresa della "Patria napoletana" è costituita dalla scrittura: una prosa che sbalordisce per la castità e l'eleganza dell'aggettivazione, per la naturalezza e l'ariosità del montaggio. Davvero qui il lettore può ritrovare quella che un tempo si soleva chiamare la "grazia".
Anonimo -