L'ascensione del pallone ad aria calda dei fratelli Montgolfier segna, alla fine del secolo XVIII, l'inizio di una nuova era. Il connubio tra abilità costruttiva e conoscenza scientifica subito si dimostrava vincente e il dilettantismo cede il passo alla 'scienza aeronautica'. Mentre i tentativi si conseguire nuovi primati si succedono alacremente, il metodo delle Accademie è scosso da un vero e proprio fermento di attività. Osservazioni scientifiche intorno agli esperimenti di volo, ma anche nuove "sperienze" sull'aria e l'atmosfera, si affiancano alle verifiche in laboratorio delle caratteristiche fisiche dei sistemi aerostatici. Il caso di ciò che avviene a Torino è paradigmatico, ma ben presto agli entusiasmi sopravviene la banalità di ciò che è noto, e anche i "palloni" entrano nella quotidianità. Verso la metà del secolo XIX nuove conoscenze sui materiali e una ormai consolidata esperienza tecnologica permettono di realizzare mezzi "più leggeri" dell'aria in grado di essere "dirigibili". Il saggio che Vittorio Angius, pur non essendo un ingegnere, redige nel 1855, contiene anticipazioni le quali per molti versi oggi appaiono quasi profetiche: l'uso dell'alluminio come materiale di eccellenza per l''automa aerio', e in generale per gli aeromobili, è cetamente quella più evidente. Sui dirigibili, suli anni a seguire, si svilupperà quella 'Scienza del volo' da cui nel 1903 i fratelli Wright trarranno i fondamenti per il 'Flyer'. Le realizzazioni di Almerico da Schio, testimoniate in questo volume da tre suoi brevi scritti, ci presentano ormai un mezzo la cui tecnologia è consolidata. I "remi rotanti" e le "ventole-pinne" in alcune decine d'anni hanno subito la loro naturale evoluzione e sono diventate eliche: già si parla di "aeroplani" capaci di esercitare dinamicamente forze di sostentamento verticale; i motori a scoppio, nati per funzionare su mezzi terrestri, si sono adattati nelle loro forme e funzioni alle esigenze di leggerezza e affidabilità del [...]
Anonimo -