Un ritratto impietoso di un Paese che rischia di diventare irrilevante, di restare il luogo delle occasioni perdute e delle potenzialità trascurate. Un Paese abitato da un popolo di «gufi e rosiconi» ammalati di disfattismo, bassa autostima e mancanza di senso civico. Con il più grande patrimonio storico, artistico e culturale del mondo, bloccato dalla burocrazia e dal corporativismo o abbandonato al degrado. Si potrebbe discutere a lungo degli errori e delle colpe della Destra o dei ritardi e dei tabù della Sinistra; del tradimento del Mezzogiorno e della falsa rivoluzione liberale. Solo che adesso non c'è tempo da perdere, lo «Stellone d'Italia» non basta più a proteggerci: da questa cruda analisi devono scaturire proposte e speranze per un Paese migliore. Un sistema elettorale giusto ed efficiente che garantisca l'effettiva alternanza; una «rivoluzione della legalità» contro la corruzione e la criminalità organizzata; un serio programma di liberalizzazioni; una riforma della Scuola e dell'Università che riconosca «i meriti e i bisogni»; il rilancio del turismo e dell'occupazione. Se non sentissimo viva questa responsabilità, rischieremmo di non cogliere l'ultima opportunità per la modernizzazione di quest'Italia che deve fare i conti con l'Europa e con l'economia globale. Si impone quindi adesso uno scatto di dignità e orgoglio nazionale che faccia prevalere lo spirito costruttivo su quello critico e corrosivo. E che sconfigga finalmente la sfiducia.
Anonimo -