Si dice che la morte non è la fine, ma come può non esserlo se tu, seduta alla finestra, indaffarata ai fornelli, su un sentiero in montagna, non ci sei più? Percorrere la navata centrale mi sembra la cosa più difficile che qualcuno possa fare, i miei passi più incerti di quelli di un funambolo. Poi arrivo, tu sei già lì, sorridente e io ti guardo. Ti osservo in un momento felice, avvolta dalla natura, il tuo rifugio da sempre: diventare, o meglio tornare a essere, un tutt'uno con il bosco, gli animali, il canto degli uccelli, il dolce sciabordio del fiume, la mano che si tende a sfiorare il cielo. Osservo il tuo sorriso, quel sorriso che era così difficile tramutare in risata perché le barzellette non le capivi e metà delle cose che noi trovavamo divertenti tu le reputavi normali. Ma quanto era bello quando ti si illuminavano gli occhi, quando un nostro traguardo ti riempiva d'orgoglio. In quei momenti tutto si annullava: non esistevano più la sofferenza quotidiana, l'incertezza del domani, la paura della speranza infranta.
Anonimo -