Durante la maledetta guerra che il mondo ha dovuto combattere contro linvisibile e subdolo nemico rappresentato dal virus Covid-19, abbiamo perduto una parte importante di noi, persone che avevano ancora tanto da dire condividendo saggezza, insegnamenti e preziosissime esperienze di vita. Tutto ciò, in pochissimi mesi, è andato dissolto, una preziosissima memoria storica svanita in un sol colpo. Nella primavera del 2020, io, ho perso mio padre. Anche se non è stato il virus a portarselo via, le conseguenze che la pandemia ha rovesciato sulla società hanno minato in maniera determinante tante cose e una di queste è stata la condivisione degli affetti. Durante i suoi ultimi giorni di vita è stata impedita quel tipo di vicinanza che solitamente, dopo, può consolare parenti e amici.
Con papà ho spesso parlato dei miei libri, dei miei sogni e di tutto ciò che significa scrivere. In una di queste occasioni mi ha manifestato il suo interesse per un libriccino che servisse a ricordare vicende, persone e certi anni formidabili e per lennesima volta una sua intenzione si è dimostrata assai lungimirante. È proprio ciò che serve adesso: ricordare.
Il seme creativo de La statua di carta lha gettato lui, io ho soltanto scritto di periodi remoti di cui posso dire, perché ho avuto la fortuna di averli ascoltati direttamente da chi li ha vissuti e altri, quelli più recenti, perché da me sperimentati in prima persona. In ogni modo si tratta di spaccati di vita, di una società, di un industria e di unItalia che non cè più, ma che dovrebbe comunque restare nei nostri ricordi e in quelli dei posteri, perché ciò che di buono siamo diventati lo dobbiamo soprattutto alle donne e agli uomini che ci hanno preceduto.
Appena ho avuto di nuovo la forza di reggere una penna in mano, ho provato a scrivere qualcosa, un gesto daffetto con il quale ho voluto dare concretezza a quellidea, lultima di un geniale uomo con cui ho condiviso sessantanni di vita italiana.
Anonimo -