Attendevo ormai da tre ore il mio turno. Ero impaziente di vedere cosa mi aspettava, non ce la facevo più, e ancora la coda era lunga. Entrava una persona alla volta, era estenuante. Il grande orologio posto sopra al cancello di ingresso segnava le due e cinquanta minuti ed io ero ancora là, insieme agli altri curioso e insofferente. Tre ore, e senza neanche poter scambiare una parola con qualcuno, era inaccettabile. Un cartello, "vietato parlare", ci imponeva il silenzio.
Anonimo -