Le brave bambine si presenta come `sequel¿ per usare un termine cinematografico del precedente lavoro di Antonella Zeolla, Parlami ancora d¿estate. Continua infatti l¿introspezione profonda di un¿anima inquieta e dolente, questa volta sviluppata su un sottofondo relazionale quasi esclusivamente materno. Con una composizione a ¿doppia lettura¿, alternando storie di figlia e storie di madre, quasi una fusione a corpi separati. Le difficoltà di relazione, talvolta esacerbate e insostenibili tra genitrice e figlia, vengono spiegate e analizzate alla luce dei rispettivi vissuti, che sembrano rincorrersi in un gioco di specchi. Spiegate, e quindi capite, e quindi (in una certa misura, anche) ¿perdonate¿. Le due bambine si parlano senza saperlo, distanti nel tempo e nello spazio. Anche se ognuna rivolge attenzione a se stessa, alle proprie deprivazioni affettive, ai propri vuoti incompresi, alla propria personalità inespressa. È un dialogo muto e vagheggiato ma esplicito quanto a somiglianze e connessioni incatenate.
Anonimo -