Le "Lettere" di Platone, che la Fondazione Valla pubblica a cura di uno dei più noti studiosi della filosofia antica, Margherita Isnardi Parente, è uno dei misteri della letteratura greca. Chi le ha scritte? Platone, o uno o più contraffattori? Sembra probabile che la settima lettera sia di Platone: se non fosse sua, potrebbe averla composta soltanto un doppio di Platone, grande come lui. Attorno a questo capolavoro, si raccolsero dei falsi di tendenze varie, alcuni pitagorizzanti, che Trasillo raccolse nel I secolo d.C.
La filosofia, dice Platone, "non è una scienza che si possa insegnare come le altre: è qualcosa che nasce all'improvviso nell'anima dopo un lungo rapporto e una convivenza assidua con l'argomento, come la luce che scaturisce dalla scintilla e poi si nutre di sé stessa". A Platone questa luce non bastava. Avrebbe voluto agire, e dedicarsi alla vita politica, sebbene né i Trenta Tiranni né i politici democratici che ne presero il posto lo persuadessero. Mentre le leggi e i costumi si corrompevano, gli sembrava impossibile occuparsi di politica in modo onesto. Provò una specie di smarrimento. Ma un sogno attraversò la sua mente: portare al potere dei filosofi o dei governanti-filosofi, che traducessero le sue dottrine relative alla legislazione e al governo dello stato. Così accettò l'invito di Dionisio II, tiranno di Siracusa, e andò più volte in Sicilia. L'accordo tra i due fu impossibile. Come molti dei suoi futuri eredi, Dionisio II scrisse un trattato di filosofia, in cui fraintese completamente lo spirito di Platone: Platone "guardava verso l'esterno, come un uccello che vuole volarsene via". Così, non per la prima volta nella storia del mondo, il pensiero filosofico fallì nel tentativo di modellare e trasformare la realtà di ogni giorno.
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