All'indomani della seduta del Gran Consiglio che lo depone, il 28 luglio 1943 Benito Mussolini viene deportato a Ponza. Ma su quell'isola dove il regime ha confinato decine di dissidenti il Duce rimane giusto il tempo per celebrare, solo, il suo sessantesimo compleanno; poi viene spostato a Campo Imperatore, in cima al Gran Sasso. Ha perso tutto, non spera più niente. Liberato con un blitz dei paracadutisti del Führer, ricongiunto a una famiglia di cui fa parte uno dei suoi traditori, Galeazzo Ciano, Mussolini viene posto da Hitler a capo di uno Stato fantoccio immobile e plumbeo come le acque del lago di Garda da cui dovrebbe governarlo: la Repubblica sociale italiana. Ma la bestia ferita tenta il suo ultimo colpo di coda. Sono i seicento giorni, dal settembre del 1943 all'aprile del 1945, in cui il nostro Paese conosce la sua ora più buia: è l'ora della violenza più bassa e vile, della Legione Muti e della banda Koch che portano il terrore nelle città, della caccia agli ebrei, dei bombardamenti, della guerra civile. Siamo all'ultimo atto della tragedia del fascismo e della guerra. È la fine dell'impero, della monarchia, la fine dell'uomo che più di ogni altro ha marchiato a sangue il corpo della nostra storia, Benito Mussolini. È la fine di tutti i coprotagonisti, i cortigiani, i conniventi, quelli che fuggono e quelli che rimangono accanto al Duce fino all'ultimo, quelli che cercano "la bella morte" e quelli che hanno continuato a vivere nel dopoguerra cambiando pelle. Ancora una volta non c'è niente di inventato nel dramma di cui si compie l'atto finale. Nell'ultimo pannello della saga di M, Antonio Scurati ci mostra il fascismo repubblichino e lo scempio di piazzale Loreto come mai era stato fatto prima e, mettendo in campo tutta la potenza e la pietas della letteratura, ci racconta la tragica fine del dittatore.
Anonimo -