Questo saggio sul "maggio '68" - pubblicato nel luglio dello stesso anno sulla rivista "Quaderni piacentini" - è stato scritto nel bel mezzo del fuoco delle barricate parigine. A suggellarlo come un "classico" di quell'anno è la sua lettura degli eventi del tutto in controtendenza con le categorie interpretative allora in voga nella sinistra sia istituzionale che rivoluzionaria. Infatti, gli autori, nell'analizzare e descrivere la rivolta studentesca e operaia in atto ignorarono del tutto gli schemi ideologici del marxismo-leninismo, del maoismo, dell'anarchismo eccetera. Furono piuttosto le categorie "operaismo italiano", forgiate nel corso degli anni Sessanta nei laboratori delle riviste "quaderni rossi" e "classe operaia", ad essere utilizzate in questo saggio nel quale si sostiene, con grande lungimiranza, che quel che sta accadendo in Francia non è che l'inizio di una rivolta generalizzata. All'atto della sua pubblicazione il saggio destò, negli ambienti intellettuali e militanti della sinistra rivoluzionaria italiana, un vespaio di polemiche e di discussioni appunto per la sua visione eretica di quanto accaduto.
Anonimo -