L' 11 settembre 2001 è stata una vera e propria apocalisse nel doppio senso di distruzione e rivelazione. Il "nuovo terrorismo" ha colpito un simbolo dell'Occidente, ma ha anche fatto emergere una tendenza già presente: l'integrazione sistematica delle varie forme di sorveglianza allo scopo di garantire "massima sicurezza". Nella società dell'immagine e dell'informazione quel programma viene attuato e continuamente rimodellato dalle tecnologie più sofisticate, ma resta dubbio se davvero esso riesca a raggiungere i propri obiettivi. Eppure, in un Globo ove domina lo sguardo ("i pochi spiano i molti: 'panopticon'"; ma anche "i molti contemplano i pochi: 'synopticon'") l'ossessione per la sicurezza e il perfezionamento degli apparati di sorveglianza possono renderci tutti meno liberi. Uno dei sociologi più attenti ai rischi della "guerra senza fine al terrorismo" indaga qui cosa sia veramente cambiato con l' 11 settembre e propone di ripensare il sistema della sorveglianza come primo passo per 'resistere' alle tendenze di controllo totale che minacciano di cancellare le più elementari libertà democratiche.
Anonimo -