In un'epoca in cui gli interventi militari assomigliano a retate poliziesche, in cui l'uso della forza, modulato secondo tutte le sue sfumature, diviene parte integrante delle tecnologie del potere, in cui guerra e pace convivono rincorrendosi e ricombinandosi a macchia di leopardo sul pianeta, la condizione di chi prende parte attiva ai conflitti - sia esso un mercenario, un consulente o un "cooperante di professione" - è il risultato di una migrazione frenetica e circolare tra la sua condizione di "civile" e quella, a vario titolo, di "militare". La flessibilità, nel campo dell'outsourcing bellico, governa con la severità di un monarca dispotico, non esenta nessuno: da Mrs. Karpinski, la generalessa di Abu Ghraib che alterna la sua attività "civile" di consulente finanziario di successo a quella di volpe del deserto, al buttafuori che si trasforma a gettone in Terminator, le nuove guerre attingono a uno sconfinato esercito di riservisti di professione, capaci di vivere la pace da soldati e la guerra da civili. Convinti, nel far questo, di essere i migliori interpreti del loro tempo.
Anonimo -