"Migrazioni" è un epos possente dove si mescolano i destini di alcuni singoli e quelli di un intero popolo. Siamo nel 1744, nella Vojvodina, al confine tra l'Impero austro-ungarico e quello ottomano. I Serbi che abitano questa terra, dove sono giunti con un'epica migrazione cinquant'anni prima, sono fedeli servitori dell'Impero austriaco e ne combattono le guerre, ma al tempo stesso, in quanto ortodossi, se ne sentono estranei. I tre protagonisti, il nobile Vuk Isakovic, suo fratello Arandjel e sua moglie Dafina, incarnano nelle loro passioni dominanti, la guerra, il commercio, l'amore, la stessa perenne ricerca di qualcosa cui ancorare il proprio esistere, dell'"evento straordinario che, come il cielo, tutto avvolgesse e completasse". Questo immenso romanzo, di cui qui pubblichiamo la prima parte (apparsa nel 1929), è dominato da un senso di smarrimento e sradicamento, dalla nostalgia di ogni patria perduta e dal sogno di ogni terra promessa, nonché dalla percezione di un fluire perenne, cieco e rabbioso, di correnti sotterranee che bagnano le radici della storia. Crnjanski concepì quest'opera, considerata universalmente il suo capolavoro, come un'unica visione, che lo accompagnò ossessivamente per più di trent'anni. Per il suo soffio insieme epico e lirico, per la mirabile cesellatura dei personaggi, per l'evidenza del dettagli e la vastità della visione, questo libro sta del tutto a parte nel nostro secolo e si impone come una delle prove più alte dell'arte del romanzo moderno.
Anonimo -