Quella tra Roland Penrose e Joan Miro fu un'amicizia profonda e duratura, nata nella Parigi del 1920 e alimentata da figure come Georges Braque, Pablo Picasso e Max Ernst. In "Miro", Penrose analizza le fasi del percorso artistico dell'amico in un racconto che si estende per 140 illustrazioni. Da grande estimatore, promotore e collezionista d'arte, l'autore disegna l'evoluzione dell'artista Joan Miro da una pittura strettamente legata alle origini contadine, nella quale lo stile è influenzato dal ritmo della tradizione popolare, a un'arte più rivolta alla fuga dalla realtà, segnata dal decisivo passaggio a uno stile astratto. Fu proprio questo nuovo approccio che consentì a Miro di ridisegnare il mondo: un approccio surrealista secondo cui i prodotti della fantasia devono essere considerati parte della realtà.
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