Non è usuale che sia una fanciulla oltretutto decisamente guardabile ad affrontare la spirale del tempo e ad affidarsi a un altro tempo e un altro luogo senza uno chaperon che la guidi e la sostenga, soprattutto quando le cose si fanno più complesse e preoccupanti. Ma Cecilia, la protagonista di «Ma Napoleone è morto ad Arcole», sul modello di Galeotto Marzio, scopritore del viaggio nel tempo e protagonista de «Leresia del multiverso», non solo attraversa due secoli e mezzo in perfetta solitudine giungendo alla Venezia del XXI secolo, ma si dimostra anche capace di sopravvivere a un tempo che non è il suo, a raccogliere dati sulle vicende della Repubblica della Serenissima negli anni successivi a quelli della partenza, a vivere una strana storia con un giovane conosciuto nei nostri anni e a difendersi da unaltra viaggiatrice proveniente da un futuro ulteriore.
Ciò che Cecilia apprende sulle vicende della Repubblica alla fine del XVIII secolo la amareggia profondamente, tanto da condurla a una decisione inattesa e radicale, qualcosa che neppure i nobilomeni della Serenissima avrebbero immaginato.
Un romanzo curioso e appassionante, nello svolgimento e nella scelta, attuata dallautore, di una protagonista per molti versi singolare. Ed è proprio questo elemento a separare nettamente questo genere di viaggio nel tempo dai molti altri che ci è capitato di leggere, con il consueto erede del Viaggiatore del tempo di Wellsiana memoria a muoversi in un tempo che non è il suo. Cecilia, al contrario, si dimostra un individuo coraggioso, prudente ma ricco di immaginazione, capace di inventare e inventarsi in base alle richieste anche assurde in rapporto alla sua formazione dellambiente che la circonda.
A noi lettori non resta che seguirla nel suo muoversi nel nostro secolo, certi che una donna, anzi, un individuo, come lei sarebbero ottimi compagni di viaggio, nello spazio come nel tempo.
Anonimo -