Il fenomeno pandemico è uno straordinario detonatore teoretico, capace di porre in rilievo temi e questioni poco o per nulla visibili in un contesto normale. Le riflessioni ospitate nel volume costantemente sospese tra metafisica e giornalismo rinvengono il proprio Leitmotiv in un tema classico del pensiero filosofico da un secolo a questa parte: la (questione della) tecnica, opzione sempre meno opzionale, sempre più necessaria per un mondo globalizzato.
Con un piglio analitico puntuale ma che indulge generosamente nellironia, la prima parte propone uno zibaldone pandemico, assemblando esempi di giornalismo metafisico che si focalizzano su alcune ricadute epifenomeniche della vicenda pandemica: dallidolatria del dato, allimporsi di un principio de-responsabilità quale stile di governo, fino a una possibile antropologia del virologo. Nella seconda parte, invertendo i poli in una sorta di metafisica giornalistica, attraverso tre saggi di stampo più convenzionale vengono individuate le linee di fondo della emergente società pandemica: una cornice sociale ed epocale al cui interno un fenomeno pandemico si impone come rischio congenito: il tipo di criticità a essa connaturato.
In tal modo la società pandemica si delinea come lantefatto per lavvento di un tecno-cosmo. Si può essere nella società pandemica soltanto se, a monte, si è già data unepoca della tecnica.
Anonimo -