Mario Pianta traccia il declino di un'economia italiana con sempre meno produzione, lavoro e salari. Spiega l'illusoria ascesa della finanza internazionale, che ha portato al crollo del 2008, e le ragioni della crisi europea scoppiata intorno al debito pubblico, che non accenna a finire. Mostra come è cambiata la distribuzione del reddito, con profitti e rendite finanziarie che crescono e redditi da lavoro in picchiata. Così scopriamo che il dieci per cento degli italiani più ricchi ha ottenuto tutti i benefici della crescita del paese e che si sono moltiplicate le disuguaglianze tra vecchi e giovani, tra Nord e Sud. Per un'economia fragile come la nostra, lasciar fare ai mercati ha voluto dire innescare un circolo vizioso dopo l'altro: capitali che non investono, ricerca e innovazione assenti, settori avanzati che scompaiono insieme ai "buoni" posti di lavoro, produttività che cade quando si diffonde il lavoro precario pagato poco, crescita che scompare. Una spesa pubblica di cattiva qualità e un'evasione fiscale record che alimentano un enorme debito pubblico, affrontato con politiche di austerità che aggravano la recessione. In queste pagine sono sotto accusa le politiche dell'Europa e dell'Italia non soltanto quelle del berlusconismo che hanno reso possibile tutto questo. Ma ci sono anche le politiche che si potrebbero realizzare per cambiare strada: evitare una grande depressione, costruire un benessere sostenibile, avere un'economia più giusta.
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