DAL LIBRO: Ma anche le csárde tacciono del pari; - oste e ostessa possono dormire della grossa, - perchè, anche gettassero via - la chiave della cantina, - nessuno si volterebbe dalla loro parte, - tanta è la neve che i venti hanno ammontato su la strada». (La pusta d'inverno).
Singolare anche per la bizzarria delle imagini e per il tono umoristico, particolari del Petöfi, è quest'altra poesia in cui si descrive un viaggio nell'alföld sotto la pioggia:
«Magnifico viaggio davvero! - Appena una spanna più in su - del mio capo è la nube carica carica. - Mi batte nel collo la pioggia. - Con la pelliccia ho coperto la borsa del tabacco, - perchè questo resti asciutto. - Grondo da tutte le parti. Finirò - col trasformarmi in un pesce.
Che strada!... Ma è una strada questa - o non forse un nero intriso - che, una volta cotto, diventerà - pane per la mensa del diavolo? - Non picchiare i cavalli, - non picchiarli, vetturale, arriveremo a Pest e forse - ci troveremo ormai al dì del giudizio.
Ah, alföld, alföld, non m'aspettavo - mi ricompensassi così dell'amor mio! - o forse questa pioggia e questo fango - è per l'appunto la ricompensa del mio amore? - È per l'appunto così.... nella pioggia - si confondono le tue lacrime di saluto - e il tuo braccio è il fango che, in cambio della mia persona, - la ruota stringe.
Anonimo -