La prima tecnologia della mente è quella delle immagini. Il prodotto della visione viene esternalizzato e fissato, e quindi esteso nel tempo e nello spazio, reso condivisibile con chi non è simultaneamente presente. Soprattutto, non più confinato all'attimo fuggente del suo verificarsi, può essere reso oggetto di osservazione, riflessione. La parola, invece, resta per lungo tempo tecnologica. Solo al termine di un lungo, tortuoso e imprevedibile cammino, anche la parola acquista la sua estensione tecnologica: viene fissata nella scrittura. Estesa illimitatamente nel tempo e nello spazio, anch'essa può essere ora condivisa con chi non è presente e può diventare oggetto di riflessione, meditazione. La parola e l'immagine sono di nuovo unite, come lo erano all'inizio. Dopo il lungo equilibrio, riprende la corsa tecnologica: ma questa volta è la parola ad andare in fuga con la tecnologia della stampa fino a quando non è l'immagine a compiere il grande salto tecnologico. Finalmente si trova il sistema di "meccanizzare" il fare immagini, quattro secoli dopo quello della scrittura: la fotografia. Ma soprattutto si trova poco dopo il sistema di far compiere all'immagine un enorme balzo qualitativo: il movimento. Ancora l'immagine che corre, ma questa volta verso qualcosa che la riporta all'inizio. Una tecnologia che finge un mondo dando all'osservatore l'impressione di essere realmente dentro, di potercisi liberamente aggirare, di poterci incontrare qualcuno che vede le stesse cose.
Anonimo -