Ci sono autori che, da soli, riassumono unepoca. E altri che, se messi a confronto, la rivelano ancora meglio. Pasolini e Calvino reagirono in maniera antitetica ai nuovi scenari della tarda modernità, e le loro opposte soluzioni ci mostrano in azione i dilemmi che ancora ci coinvolgono. Qual è la forza della parola poetica nellepoca della comunicazione mediatica? Lironia o la parola diretta? «Descrivere il mondo» o «gettare il proprio corpo nella lotta»?
A partire dagli anni sessanta, sia Pasolini che Calvino attraversano una crisi produttiva che li spinge a una metamorfosi radicale. Non è solo Calvino a mutare stile da unopera allaltra, con i suoi proverbiali «cambiamenti di rotta». Anche Pasolini passa attraverso una sperimentazione incessante, disseminata di «abiure»: cerca una via duscita dalla logica imprigionante dellarte moderna, di cui, come Calvino, sente acutamente lestenuazione.
Questo saggio del 1998, ora ripresentato con una nuova prefazione dellautrice, ha segnato una svolta negli studi letterari italiani. Le possibilità per la letteratura non erano solo quelle incarnate dal tardo Calvino, e diventate egemoni in quegli anni. Cerano anche quelle paradossali, performative, e ancora poco comprese di Pasolini, intrise di unurgenza sentimentale e di un senso tragico della storia, tuttora allaltezza del drammatico nostro tempo.
Anonimo -