«Viviamo nella società dell'immagine». «Ormai oggi `essere' si identifica con `apparire'». Quante volte abbiamo sentito (o pronunciato) queste frasi, diventate così comuni da suscitare noncuranza... Ma cosa bisogna davvero intendere con `apparire'? E qual è la natura dell'`immagine'? A tali interrogativi, trascurati dalla cultura diffusa, si dedica Silvano Petrosino in Piccola metafisica della luce, affrontando il tema del visibile con uno sguardo controcorrente.
Il fatto è che il discorso sulla luce è sempre stato appannaggio della fisica (e dell'ottica in particolare), al cui interno essa viene considerata come radiazione, onda elettromagnetica, energia, e di conseguenza letta e interpretata in un universo semantico definito da angoli, rette, campi, ondeossia nell'universo della geometria. Eppure, non appena la luce attraversa e abita quel `corpo' che è il soggetto umano, ecco che la fisica si trova presa in un intrigo di riflessi e riflessioni, speculazioni e pulsioni, fantasie e fantasmi, visioni e vedute, immagini e immaginazioni, dove lo spazio si curva e la retta si intreccia, il punto esplode e si dissemina. Per questo insieme aggrovigliato e sorprendente la fisica non mostra alcun interesse, e anzi sembra essere (o voler essere) del tutto cieca.
Costretti ad abbandonare lo spazio misurabile e quieto della geometria, troviamo allora il soccorso della metafisica, che conosce l'arte di avvicinare l'eccedenza dell'umano, di schiudere le porte del luogo in cui la luce è abitata dallo stupore come dall'invidia, dallo sguardo di appropriazione come da quello idolatrico, financo dal baratro della tenebra. E la metafisica qui proposta è una `piccola metafisica', non già perché minore, bensì perché non si riferisce al `cielo' ma alla `terra', anzi (ed è qui la spinta originale del filosofo Petrosino) a quel tutto di `terra/cielo' che è sempre ogni singolo uomo, nell'incontro illuminante con un altro e nel reciproco risplendere.
Anonimo -