Se si vuol ricercare un simbolo materiale nella vita di Pietro Dohrn, è facile individuarlo in un oggetto che egli tenne sempre sulla sua scrivania: il busto in bronzo di Fridtjof Nansen, il grande esploratore amico di suo nonno Anton, che aveva lavorato presso la Stazione zoologica di Napoli. Era stato realizzato dalla scultrice Fausta Mangarini nel 1922 quando Nansen ricevette il premio Nobel per la pace per il suo impegno come Alto Commissario delle Nazioni Unite dei Rifugiati. Nansen, grazie anche a quel passaporto per gli apolidi che porta il suo nome, divenne il simbolo degli uomini liberi ed è questo che simboleggiava quel busto sul tavolo di Pietro Dohrn. Ma quell'opera era stata realizzata per essere esposta nel palazzo delle Nazioni Unite cosa che durante il regime fascista non fu possibile. Ci riuscì nel 2001 Pietro Dohrn donando l'opera alla Nazioni Unite per le quali era stata realizzata dove venne accolta a Ginevra con una solenne cerimonia. Questo è stato soprattutto Pietro Dohrn, un uomo libero che operò a favore della libera scienza, al di là di ogni confine e, come lui soleva dire, sempre "in alleanza con la natura".
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