Si può definire Popper un "neopositivista deteriore"? Si può liquidare "La società aperta e i suoi nemici" come un semplice 'grosso pamphlet politico'? Queste ed altre simili tesi sono state sostenute da studiosi italiani, più o meno noti, che non hanno gradito l'incursione delle idee politiche popperiane in una scena filosofica dominata dalle opposte ortodossie marxista e cattolica. Una scena nella quale la cultura laica e liberale, sebbene nient'affatto assente, soffriva di un evidente complesso di inferiorità nei confronti dei filoni che garantivano ai propri aderenti un più gratificante senso di appartenenza. Quando le opere di Popper venivano lette e tradotte in tutto il mondo, in Italia se ne ignorava quasi l'esistenza o si taceva colpevolmente. Tanto che si parla, in proposito, di una 'congiura' di politica culturale che ha tenuto Popper sostanzialmente lontano dall'Italia almeno fino agli anni Settanta. Solo allora, grazie al coraggio e all'impegno sopra tutti di Dario Antiseri, anche in Italia ha cominciato ad essere conosciuto e dibattuto il pensiero del grande filosofo austriaco. Il suo liberalismo e la sua filosofia delle scienze sociali, oltre agli altri contributi filosofici fondamentali, sono ancora oggi di grande interesse, nonostante i profondi mutamenti attraversati dal panorama filosofico e politico internazionale. La conoscenza delle vicende che ne hanno determinato la fortuna in Italia può essere utile, oltre che per un migliore apprezzamento della sua stessa filosofia, anche per una maggiore comprensione della nostra cultura recente.
Anonimo -