Un saggio sulla critica della cultura, quelli finissimi su Spengler, Veblen, Huxley e la stroncatura della sociologia del sapere di Mannheim, il significato sociale di un fenomeno come il jazz, l'analisi puntigliosa del carteggio tra George e Hofmannsthal. Sono questi alcuni dei "prismi" nei quali Adorno rifrange molti dei campi in cui era maestro: sociologia, filosofia, musica, letteratura. E qui che emergono le figure a lui più care: quelle di coloro - Schonberg, Benjamin, Kafka - che seppero fissare il volto della Medusa senza abdicare alla ragione, e misurare fino in fondo l'abisso per affermare l'esigenza dell'utopia. Al centro sta il discorso sulla "crisi della civiltà", e l'indagine sulla validità di questo discorso, di cui Adorno accetta i fermenti negativi e rifiuta le soluzioni nostalgiche e disfattiste. Introduzione di Stefano Petrucciani.
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