Un Bassani inedito, questo: un trattamento per il cinema, che è un racconto lungo; una insospettata "storia milanese", che dialoga con le Cinque storie ferraresi del 1956, e fra esse si incunea come 'esperimento' morale e civile su e con Manzoni. Scrisse Anna Banti che, nel 1955, rilesse "I Promessi Sposi" insieme a Bassani: "La quasi fatale incongruenza delle leggi annonarie nei tempi di crisi, quel lazzaretto (oggi si direbbe 'campo di concentramento') dove i fortuiti mendicanti eran raccolti e poi rinchiusi a forza; infine il talento distruttivo dei lanzichenecchi nei poveri paesi lombardi, trovano nei nostri recentissimi ricordi di guerra e di miseria collettiva dei riscontri e delle conferme sorprendenti [...] Come sta, dunque, che quando leggiamo dei bruciamenti, delle distruzioni, del luridume, soprattutto dell'orrendo fetore lasciato dalle soldatesche nelle case dei paesetti lombardi ci par di riconoscere le descrizioni di un ipotetico e sublime 'inviato speciale' dei nostri giorni? Il fatto è che il genio meditativo e rappresentativo del Manzoni, nutrito dei documenti più disparati e in fondo, meno precisati, ha letto come nel più esatto dei referti quel che potessero lasciarsi dietro le spalle tanto i lontani lanzichenecchi come i loro tardi successori: cenere, sangue, lordura, riuniti in uno spettacolo che, purtroppo, non cambierà mai".
Anonimo -