C'è una guerra non dichiarata (e semisconosciuta) che si è combattuta in Sicilia fra il 1943 e il 1950, tra lo sbarco degli anglo-americani e l'uccisione del bandito Salvatore Giuliano. Il numero finale dei caduti oscilla tra i 1500 e i 2000: soldati, carabinieri, poliziotti, mafiosi, banditi, indipendentisti, fascisti, comunisti, sindacalisti, gente comune. Furono sette anni di anarchia e terrore con lo Stato ospite indesiderato. Cominciarono i grandi proprietari terrieri per difendere anche i centimetri dei latifondi. Proseguirono gli agitatori fascisti per sabotare la leva obbligatoria in favore dell'esercito della nuova Italia. Poi avvennero le rivolte contro la politica dell'ammasso, la guerriglia per il pane, la ribellione di Catania e di cento altri comuni, con l'intervento dell'esercito. A intorbidare ancora di più le acque provvidero la congiura per instaurare a Palermo una monarchia con i Savoia e l'arruolamento della banda di Giuliano nell'Esercito dei volontari per l'indipendenza siciliana. Ne sarebbe discesa la strage di Portella delle Ginestre sulla quale da quasi settant'anni continuano i depistaggi. Nell'ombra tramavano i boss della mafia. Avevano individuato in Giuliano lo strumento perfetto dei propri disegni, lo fecero diventare il pericolo pubblico numero uno per ricattare le istituzioni e contrattare il prezzo della consegna: l'inossidabile alleanza fra la disonorata società e rappresentanti dello Stato, che sarebbe proseguita per oltre mezzo secolo.
Anonimo -