Nel ricordo di Azar Nafisi, rientrata in patria proprio nel 1979, lanno della rivoluzione di Khomeini, la parola che più di frequente ricorreva nelle riflessioni sul nuovo destino che incombeva su di lei era «confisca»: la Repubblica islamica aveva infatti confiscato la storia dellIran, la sua cultura e la sua tradizione, e insieme lidentità di ogni individuo. Esiliata in patria, prigioniera di un regime totalitario ostile a tutto ciò che lasciasse spazio allunicità, lacerata da un sentimento di irrealtà, abbandono e isolamento, Azar Nafisi non poteva che tornare allamato Nabokov, e condividere con i suoi studenti lesperienza di un rapporto improntato a unesaltante reciprocità, giacché via via che si immerge nelluniverso di uno scrittore il lettore non fa che arricchirlo di una percezione nuova, di una nuova dimensione. È nato così un libro tanto affascinante e singolare da ricordare alcuni ritratti dotati di coperchio del Rinascimento: il ritratto di Nabokov frutto di unanalisi delle sue opere che sembra rispondere allauspicio formulato in «Lezioni di letteratura»: «Leggendo, dovremmo prestare attenzione ai particolari, coccolarli» cela infatti quello della realtà dellIran di allora, ma «andando oltre lIran, portando alla luce la mentalità totalitaristica in generale e i suoi bersagli».
Anonimo -