Il 28 aprile 2011 una bomba esplode al caffè Argana di Marrakech. Seduti a un tavolino ci sono quattro giovani della Svizzera italiana; solo una di loro sopravvivrà. Dopo dieci anni di silenzio, Morena Pedruzzi (Faido, Svizzera, 1984) prende la parola e racconta la sua storia: la storia di comè andata in frammenti e di come si è rimessa insieme. In una narrazione che procede anchessa per frammenti tra pagine di diario, post, messaggi, fotografie , Morena ricostruisce i giorni spensierati della vacanza in Marocco con i suoi amici, lassurda irruzione della violenza nelle loro vite, e poi il lento percorso delle cure, il ritorno a casa e la ricerca di un nuovo equilibrio, sorretta dallaffetto della famiglia e dalla solidarietà di tantissime persone, dallamore per la musica e dal desiderio di tornare a esercitare il suo lavoro di ergoterapista pediatrica. Un percorso di ricostruzione di sé grazie a cui, come nellarte giapponese del kintsugi, che ripara le ceramiche infrante saldandole con metalli preziosi, Morena ha imparato a «rendere doro» le sue ferite, dando un nuovo valore alla sua storia.
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