Strada della fonte, Hammamet. Si chiama ancora così, in un misto d'arabo e francese, pur se un vialone a quattro corsie ha intanto preso il posto della mulattiera che portava alla collina "degli sciacalli e dei serpenti" dove si ergeva Dar Craxi. Per sei lunghi anni, Route El Fawara è stato l'indirizzo di Bettino Craxi. L'indirizzo del suo esilio, che il figlio Vittorio detto Bobo ha condiviso a lungo e intensamente dopo che il padre, nella caduta di quel burrascoso 1993, lo aveva 'arruolato'. Qui il figlio racconta a Gianni Pennacchi quegli anni, gli ultimi del leader socialista, intrisi di vita e di politica, di piccole gioie e grandi dolori, di speranze e frustrazioni, lasciando emergere i segreti che ormai possono essere consegnati alla Storia e le verità rimosse che ancora inquietano la vicenda politica italiana. Costretto ad Hammamet, Bettino Craxi è un isolato, un ex. Ma un ex che ragiona e congettura a tempo pieno, rimugina e rilancia. E soprattutto è decisamente lucido. Lucido anche a ritroso, e capace di formidabili storicizzazioni. In questa sua estrema e drammatica stagione della vita, Bettino Craxi sa guardarsi dentro con il suo ben noto rude realismo. Pagine agili e incalzanti, che rendono un ritratto complesso e particolareggiato dell''Uomo di Hammamet'. Per scoprire infine che il filo conduttore del racconto era già quello indicato da un poeta tunisino, Abdelwahab Meddeb, che insegna: "L'esilio non è un castigo, ma è una ricerca".
Anonimo -