Philip aveva cercato diligentemente una donna giovane e bella che si occupasse di lui come Jane Eyre si prendeva cura del vecchio signor Rochester. Quello che ottenne invece fui io. Benjamin Taylor, scrittore, saggista, sensibile conoscitore della letteratura, è stato, fra tutte queste cose, anche il migliore amico di Philip Roth: lettore, ascoltatore, confidente speciale, il più vicino al celebrato romanziere di Newark soprattutto nellultimo periodo della sua vita, quello dei bilanci e, fatalmente, del declino fisico. In questo libro ritratto affettuoso ma sempre schietto e mai retorico Taylor narra la storia di unamicizia privilegiata attraverso il percorso letterario di Roth, dagli anni ruggenti del Teatro di Sabbath a quelli dei grandi romanzi che consolidarono la sua fama internazionale, fino al magistrale saluto di Nemesi; ma lo fa affidandosi soprattutto ai percorsi eccentrici della memoria, che introducono il lettore in una dimensione privata, tra vizi, slanci, idiosincrasie. Così, mentre si leggono (o rileggono) alcune delle sue righe più belle, si possono gustare squarci inediti di un Roth che inventa parenti mai esistiti, che mangia in infime bettole di Manhattan, che infierisce per lennesima volta sullex moglie, che riaggancia il telefono senza salutare; o che passeggia per le strade di New York stupendosi ancora del mondo, e affronta linevitabilità della morte come un moderno Socrate. Il libro di Taylor è una lettura essenziale, un ritratto affettuoso ma mai sentimentale della personalità impetuosa, controversa e comica che ha prodotto alcuni tra i migliori romanzi del secolo scorso. Usa Today Non ho mai letto ritratto più toccante di unamicizia letteraria. Intelligente, commovente, saggio. Mary Karr
Anonimo -