A Palermo cè tutto e il contrario di tutto, scrive lAutore. E su Palermo si è scritto tutto e il suo contrario. Schiraldi per spiegare (a noi e a se stesso) la sua città ha preferito incominciare a parlarci dei suoi amici e così, con naturalezza, ci da la chiave per comprendere non solo Palermo, ma una società, una civiltà, con suoi splendori, i suoi orrori, incubi e sogni. Che cosa fa un giovane a Palermo? Spera di andarsene. Forse non partirà mai, ma se parte, fin dal primo giorno pensa di tornare e sa già, magari, che questo ritorno non avverrà mai. Soprattutto, se resta, non perdonerà chi è riuscito a partire (o tradire?), sia se avrà successo, sia se fallirà. Palermo è una città con cui è impossibile spezzare il cordone ombelicale, Schiraldi lo sa bene e non lo tenta nemmeno. Il rapporto rimane quello di una madre e di suo figlio: due entità distinte ma irrimediabilmente unite. E lunico modo di criticare una madre, dice fra le righe, è di dimostrarle il proprio amore. E criticare una madre significa anche criticare se stessi: forse non cè città meno italiana di Palermo, e forse in fondo non cè città che riassuma meglio tutte le contraddizioni del nostro Paese. Capire Palermo significa anche capire lItalia.
Anonimo -