Se la sifilide, come la cultura, lascia le sue tracce, Ilaria Ferramosca è una scienziata. Una scienziata ammalata, in via di guarigione. Guarigione straordinaria, quasi miracolistica, da un quotidiano incombente. Il delirio è un'affezione e un'infezione a portata di mano. Ma qui si parla di infestazioni. Di ossessioni compulsive come il lavarsi le mani, e metaforiche come il lavarsene le mani. Di ciccioni logorroici, di stereotipi del noir rivisitati loro malgrado, di virus nel computer che diventano virus che smettono di appartenere al computer e si trasferiscono direttamente al destinatario. Ilaria è abile e profondamente, profumatamente venerea. Come una Venere di Milo (munita di arti superiori) domina e custodisce il dono di sapere raccontare l'eccesso e il consequenziale cesso, tra Moravia (poco) e Buzzati (molto), e un po' anche di me che ho appena letto il suo libro. Quando leggerete i terribili, intriganti, coraggiosi racconti di Ilaria preparatevi al peggio che è quello che uno scrittore onesto vi può dare.
Anonimo -