Ha cambiato il nostro modo di lavorare, la percezione dei nostri spazi vitali. Ha modificato i rapporti tra colleghi e le modalità con cui svolgere le riunioni. Ha indotto molte imprese a valicare il muro dello scetticismo o del pregiudizio negativo. E stato il miglior strumento per affrontare una crisi senza precedenti, un evento imprevedibile e devastante. E questo lo smart working. O meglio è stato questo finora. Prima o poi la pandemia finirà, non il nuovo modo di lavorare. E questo il senso degli interventi che esperti, economisti, giuristi, sociologi hanno affidato al Sole 24 Ore e che ora sono raccolti in questo volume. Il lavoro del futuro avrà bisogno di regole, il più possibile frutto di accordi tra le parti sociali e non di ingessature normative frutto di una cultura dei vincoli tarata sull'idea novecentesca della prestazione lavorativa. Ma non cambia solo il lavoro, cambia anche il senso e la spazialità dei suoi luoghi. E forse è questa la conseguenza meno prevedibile anche se potenzialmente più dirompente. Perché la domanda a cui bisogna rispondere è una sola: lo smart working sarà la fine dell'ufficio?
Anonimo -