"Quando nella biblioteca Lorsese mi sono imbattuto in alcuni volumi di Livio, fino ad oggi mai visti da nessuno, non puoi immaginarti l'entusiasmo per questa scoperta... Non so quale altro autore possiamo studiare con maggiore attenzione, se non quello che - solo fra tutti - raccolse descrivendole con grandissima eloquenza tutte le imprese del popolo romano, il più grande del mondo, fin dai suoi primordi: non c'è mai stata opera più grande o più nobile." Così scriveva Simon Grinaeus nell'agosto del 1527 al suo maestro, Filippo Melantone. Sconosciuti fino al primo trentennio del sec. XVI, i primi cinque libri superstiti della quarta decade delle Storie di Livio furono infatti scoperti solo in quell'anno, e appunto dal Grinaeus, su un codice conservato nell'abbazia benedettina di Lorsch, in Germania. Il racconto di questi libri (ad oggi l'ultima parte dell'opera di Livio giunta fino a noi) ricopre un arco di tempo che va dal 178 al 167 a.C., e l'inverno del 170-169 a.C. segna il termine cronologico su cui si chiude l'ultimo dei libri (XLI-XLIII) presentati in questo volume. Nell'impostazione annalistica a lui consueta, l'autore sviluppa la narrazione seguendo in contemporanea i diversi scacchieri su cui si svolge in quegli anni l'azione politica e militare di Roma: a occidente, la pacificazione della Spagna, della Sardegna e della Corsica; nel settentrione, il consolidamento della presenza romana nella Gallia Cisalpina, con la sottomissione dei Liguri e degli Istri; a oriente, l'isolamento della potenza macedone, contro la quale Roma dirigerà il suo massimo sforzo bellico dopo aver risolto i conflitti negli altri settori. Note di Marzia Bonfanti.
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