I libri XLIV-XLV, gli ultimi conservati dell'opera liviana, narrano le fasi conclusive della guerra di Macedonia. La campagna fallimentare condotta dal console Q. Marcio Filippo nel 169 a.C. ha esacerbato la stanchezza dei Romani, da troppo tempo impegnati nel conflitto. Per una fortunata combinazione di fattori esterni il console è riuscito a spingersi fino a Dio e a occupare la città, abbandonata dal re macedone, ma il vantaggio iniziale è stato bruciato da una somma di errori strategici. Pochi successi parziali - come l'espugnazione di Eracleo, dove i Romani hanno sperimentato per la prima volta la tecnica della 'testuggine', destinata a lunga fama - non hanno modificato l'esito delle operazioni. La svolta decisiva si ottiene quando il comando militare è assegnato a L. Emilio Paolo, console per la seconda volta nel 168 a.C. Alla sua autorità di generale esperto i Romani rimettono, non a torto, le loro speranze. Con una campagna fulminea, in meno di un mese, Emilio Paolo pone termine alla guerra sbaragliando la temibile falange macedone nella pianura di Pidna, il 22 giugno 168. Il re Perseo tenta la fuga e, trovato rifugio a Samotracia, è costretto a consegnarsi ai Romani. Il presente volume contiene inoltre le 142 "Periochae" (riassunti) agli altrettanti libri scritti dallo storico romano, redatte soprattutto a fini didattici intorno al III-IV secolo d.C. Esse conservano informazioni preziose sulla distribuzione della materia trattata nei libri perduti e ci permettono di avere un'idea più precisa del piano complessivo dell'opera. Con un saggio di Plinio Fraccaro. Note di Michela Mariotti.
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