Non esisteva fino ad oggi un profilo, documentato e aggiornato sul piano bibliografico, di una pagina come questa fra le più cruente della nostra storia nazionale: la deportazione nel 1943-45 di oltre un milione di italiani - ebrei, zingari, politici e militari - nei lager del Terzo Reich. Nel suo lavoro Mayda, ripercorrendo le vicende della deportazione, sottolinea il ruolo della Repubblica sociale italiana che fu di complicità attiva ma anche di iniziativa antonoma, sfatando la leggenda secondo cui furono i nazisti gli unici artefici della 'soluzione finale' nel nostro paese mentre la RSI l'avrebbe subìta passivamente a causa della propria impotenza politico-militare. Wehrmacht e SS da una parte e lo Stato-fantoccio di Salò con i gerarchi dall'altra concordarono comuni progetti di deportazione degli ebrei e degli oppositori politici. L'organizzazione dei campi di concentramento in Italia e della rete dei trasporti destinata a trasferire in massa i deportati nel Reich fu uno dei punti operativi su cui si rinsaldò l'Asse nazifascista. E sull'altare della rinnovata alleanza la RSI lasciò al loro destino gli 800.000 militari già abbandonati dal re e da Badoglio l'8 settembre 1943.
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