Giulio Maresio, frate minore del convento di San Pietro di Cividal di Belluno, fin dalla giovane età era tormentato da inquietudini e dubbi religiosi. Nonostante ciò, compì gli studi universitari a Padova dove conseguì la prestigiosa laurea in teologia. Giulio amava frequentare letture non certo gradite all'ortodossia ecclesiastica; il ritrovamento in suo possesso di libri considerati sospetti gli costò la più pesante delle accuse: eresia, da parte dell'Inquisizione. Subì un primo processo, dal quale fu condannato a una sorta di esilio espiatorio in un convento francescano di Cracovia. In quel luogo venne a contatto con un gruppo di religiosi dissidenti. Partecipando attivamente alle loro dispute, i suoi dubbi religiosi aumentarono e si approfondirono. Il ritorno in patria si prospettava sempre più lontano a venire. E così Giulio, seguendo un dissidente di origine greca di nome Francesco Lismanini, si rifugiò nella città di Zurigo, dove partecipò ad un salotto di intellettuali frequentato da cattolici dissidenti e da protestanti. Grazie a una supplica inoltrata al nunzio apostolico di Polonia, Giulio riuscì ad ottenere finalmente il ritorno in patria. Ma una volta a casa venne colpito da un'altra accusa, questa volta di eretico relapso, che lo porterà alla reclusione nel carcere di Tor di Nona a Roma. Qui fu sottoposto a tortura e a continue esortazioni all'abiura, che Giulio rifiutò sempre, oramai convinto della legittimità dei suoi dubbi. Subì dunque un secondo processo che sentenziò la sua condanna a morte.
Anonimo -