Quasi a sua insaputa, nel corso degli anni, Umberto Eco ha scritto un autentico trattato sullarte. Un opus magnum frammentario, discontinuo, divagante, stratificato e, appunto, inintenzionale. Vi confluiscono saggi, presentazioni, conferenze, articoli e Bustine di Minerva. Materiali eterogenei in larga parte dispersi e dimenticati che, ora, per la prima volta, sono stati ritrovati, riorganizzati e riletti da Vincenzo Trione. È un trattato segreto e sorprendente, caratterizzato dallinconfondibile stile di Eco: un misto di originalità interpretativa, di curiosità intellettuale, di fantasia, di erudizione e di ironia. Vi incontriamo meditazioni estetologiche, studi semiologici, indagini sociologiche e incursioni militanti. E ancora: investigazioni sulle poetiche del Novecento, sulle avanguardie e su movimenti come lInformale e larte programmata. Molte pagine sono dedicate ad artisti-compagni di strada (tra gli altri, Arman, Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello, Eugenio Carmi, Fabio Mauri, Ugo Mulas e Tullio Pericoli). Rivelatori i passaggi su alcune figure decisive: la bellezza, la bruttezza, limperfezione, il kitsch, la vertigine della lista. Inattesi gli interventi sullo statuto della critica darte e quelli, dimpronta civile, sul futuro dei musei e sul destino del patrimonio culturale. Ne emerge un involontario e inquieto teorico criticostorico dellarte. Che sembra abbandonarsi a ininterrotte scorribande. In realtà, Eco tende a ritornare sempre sulle medesime ossessioni: lopera come luogo aperto, destinato a essere abitato e continuato dallo spettatore; lesperienza del fare come avventura fondata sulla centralità del formare. Infine, larte come problema, come interrogazione. Il libro è accompagnato da uninedita galleria di ritratti di Tullio Pericoli.
Anonimo -