"Un contagio visionario" percorre il Greenwich Village dei primissimi anni Sessanta la terra di nessuno fra la Beat Generation e i figli dei fiori. E proprio nel cuore del Village, mentre "un bizzarro delirio aleggia nell'aria", una coppia di studenti, imprigionati in una livida ossessione d'amore, sprofonda giorno dopo giorno in un allucinato inferno coniugale. Sotto le loro finestre MacDougal Street è "un carnevale demente", scandito da Elvis Presley e Allen Ginsberg; e intanto la loro folie à deux, "impigliata nel suono delle proprie urla", precipita fatalmente verso un esito devastante. Ispirato alla storia vera del suicidio della prima moglie di Leonard Michaels, "Sylvia" è uno di quei romanzi che, terrifici nella loro profonda verità, si insinuano quasi inavvertitamente nella mente del lettore e vi rimangono per sempre.
La recensione del libraio
Sylvia è un canto d'amore e distruzione. Autobiografiche, sincere, spudorate, le pagine scorrono al ritmo della crescente infelicità del narratore-autore e della sua giovanissima compagna. Leonard Michaels ripercorre l'esperienza disperata vissuta con la sua prima moglie; chiuse in un cassetto in prima battuta e riprese a distanza di anni con un intenzione quasi catartica, le pagine sono state rielaborate, accresciute e Sylvia è tornata così a vivere. Feroce, quasi selvaggia, sembra di vederla persa nella sua infelicità, perennemente insoddisfatta, amplificata nel male suo e di chi le sta intorno, fino all'epilogo tragico e inevitabile.
Anonimo -