L'idea di scrivere "Taras Bul'ba" si affaccia in Gogol' nei primi anni Trenta dell'Ottocento: è per lo scrittore un periodo di intensi studi storici, in particolare sull'Ucraina, che lo porteranno, nel 1834, alla nomina a professore di storia universale all'Università di Pietroburgo. Ma in realtà non è la precisione dei dati storici a suscitare l'interesse primario del romanziere: anzi, la ricostruzione degli sfondi è più suggestiva che storicamente precisa (siamo in Ucraina, al tempo delle feroci lotte tra i Polacchi e le orde seminomadi di Cosacchi, in un'epoca che Gogol' indica come il secolo XV, ma che i dati offerti dalla storia spingono a spostare tra il Cinquecento e il Seicento). Quello che interessa a Gogol' è piuttosto la rappresentazione di un mondo selvaggio e feroce, popolato di figure grandiosamente epiche. La storia, dove si affollano guerrieri e donne, ebrei inermi e condottieri, è dominata da una triade di classica potenza: il padre, Taras, guerriero implacabile, e i due figli, Andrij, che per amore tradisce la causa cosacca e viene ucciso dal padre stesso; e Ostap, che, preso prigioniero dai Polacchi affronta, sotto gli occhi del padre, una morte atroce. Una terza morte, quella di Taras, chiude la storia: il vecchio guerriero, a sua volta fatto prigioniero, incita, tra le fiamme del suo rogo, i compagni alla battaglia. Dominano, nel romanzo, le figure dell'iperbole e dell'eccesso: tutto è immenso, lontano da ogni medietà. Si passa dall'enormità nel fisico (Taras Bul'ba pesa oltre trecento chili), alla dismisura nelle passioni (passione patriottica e guerresca, che spinge il protagonista a uccidere il suo stesso figlio, passione d'amore che spinge Andrij a tradire il padre e la patria). Atrocità di guerra ed ebbrezza d'amore sono restituite con un andamento stilistico di volta in volta epico o lirico, con una nitidezza di immagini adatta a ritrarre reazioni estreme, primitive e grandiose.
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