Ed ora, signori lettori, che ci siamo reciprocamente presentati scambiandoci le carte da visita, come si usa tra le persone ammodo quando non hanno la fortuna di potersi vedere, tiro via colla mia storia. Non vanto illustri avi, né sono figlio di paltonieri. Appartengo allumile classe dei borghesi. Non sono né ricco né povero. Ho trentanni.
Quattro anni sono mi accesi duna grande passione; feci le debite pazzie, e poiché le donne sogliono misurare e compensare lamore a seconda delle pazzie che fa fare, fui, come di ragione, riamato. E per quella volta la donna mia non prese abbaglio, dacché io lamassi davvero con un trasporto che non avevo mai conosciuto prima. Napoleone III o non so chi altri, pronunciò una parola meritamente celebre: «Quanto dura leternità in Francia?» Se il plagio non deprezzasse la mia trovata, sono certo che diverrei altrettanto famoso dicendo: «Quanto dura leternità in amore?»
Rinuncio alla celebrità ma non al motto: «Quanto dura leternità in amore?»
Ahimè! In tutta buona fede avrei accettato allora di passare la vita senza unaltra gioia, né un altro affetto, né un altro interesse, né unaltra ambizione, fuorché lamore di quella donna. Non mi credevo suscettibile di altro sentimento. Al confronto di quellattrazione potente, irresistibile, gli altri sentimenti mi sembravano meschine convenzioni sociali.
Alcuni amici savventurarono a dirmi:
Massimo, non pensi che è sleale corteggiare la moglie dun altro, e, peggio, dun amico? La tua coscienza non ripugna dallo stringere sorridendo la mano dun uomo che tradisci?
È la frase consacrata.
Anonimo -