"`Dimmi un po', Quaine,' domandò Tallis d'un tratto `dove ti piacerebbe essere quando il mondo finirà?' `A dire il vero non ci ho mai pensato,' ammisi. `È una cosa urgente?' `Urgente?' Tallis accennò un sorriso, mentre mi soppesava con sguardo affabile ma penetrante. `Aspetta d'aver trascorso qui un po' più di tempo.'" Nel lontano avamposto minerario di Murak sembra non esserci nulla di interessante: un infinito deserto lavico dall'impressionante escursione termica, miniere pressoché esaurite e il radiofaro stellare di cui si occupa Tallis, l'uomo che il giovane Quaine è arrivato a sostituire, e che lascia la postazione di malavoglia, risvegliando la curiosità del suo giovane sostituto: perché restare in quel deserto pressoché disabitato senza mai allontanarsene per quindici anni? Cosa si cela tra le dune e le pianure di sabbia lavica che giustifichi tanto attaccamento? In una delle sue rare narrazioni extraterrestri Ballard, sulla scia di Arthur C. Clarke in "La sentinella", Carl Sagan in "Contact" e dei capolavori cinematografici "2001: Odissea nello spazio" e "Interstellar", ci dipinge con maestria la presenza dell'altro da noi, più avanzato, più antico, che da sempre ci osserva e di cui fino all'ultimo non potremo intuire le intenzioni. Tratto da Tutti i racconti. Volume I, pubblicato da Feltrinelli. Numero di caratteri: 69.160
Anonimo -