Samuele è stanco. Sono le otto e mezza del mattino, la bocca è secca, le palpebre hanno il peso del marmo e tutto attorno è di un bianco spento che solo un ospedale sa regalare. Già, l'ospedale. Quanti ne ha visti di posti simili, negli ultimi tre anni e mezzo? L'ultima porta del corridoio sembra inaccessibile, Samuele sa che basterebbe abbassare quella maniglia per trovarsi davanti la contraddizione ambulante della sua vita: suo padre. Mario, giunto all'ennesimo ricovero, dentro settant'anni vissuti con la velocità di un cortometraggio. Ci ha impiegato anni Samuele per arrivare alla conclusione che per sopravvivere al dolore degli altri ci si deve difendere. Come riuscirci? Scrivendo un manuale di sopravvivenza per chi è destinato a rimanere qui. Perché questa curva a gomito non potrà durare per sempre. Perché prima o poi qualcuno dovrà infilare il piede in mezzo alla porta. Perché in fondo, anche se il domani potrebbe far paura, tutto è bene quel che finisce.
Anonimo -