Un fantasma in gola esplora la femminilità e il desiderio. Doireann Ní Ghríofa racconta la maternità nella sua dimensione universale, e ne fa metafora della scrittura capace di ricucire le ferite più intime e creare echi tra universi lontani:unopera sul suono che allontana e unisce lultimo sospiro di un uomo che muore e il primo vagito di una nuova vita. Dopo aver avuto tre figli in pochi anni, lautrice ha adattato la propria vita su quella dei suoi bambini: poppate, pappe da preparare, viaggi in macchina verso scuola e ritorno, cartoni animati e sonni sempre troppo brevi. Unesistenza fatta di liste da spuntare giorno dopo giorno, e un corpo trasformatosi radicalmente per farne crescere altri. Una routine colma di abnegazione, come quella di tanti genitori. Questo fino a quando non si imbatte nella voce di una poetessa, anchessa madre, protagonista di un antico lamento in versi sulla morte del proprio amato, e qualcosa in lei inizia misteriosamente a risuonare. Aveva già letto quel poema da bambina, e poi ancora da adolescente, ma questa nuova lettura la penetra in modo inaspettato e si tramuta in unossessione, fino a farle confondere parole, sguardi, passi con quelli dellaltra donna; i volti dei rispettivi figli, i reciproci sacrifici. Una possessione letteraria, lunico modo per liberarsi dalla quale si rivelerà abbracciarla e immergervisi: visitare i luoghi in cui laltra ha vissuto e sofferto, indagare le proprie scelte di donna e madre, mettere in discussione i pilastri stessi su cui poggia il proprio mondo.
Anonimo -