Nel 1992, dopo più di settanta artisti e quasi trecento dischi pubblicati, la Factory Records dichiarava bancarotta. I suoi quattordici anni di vita, caratterizzati dalla gestione passionale ed economicamente scellerata dei suoi soci, hanno scandito una storia in cui convivono gli estremi dellesperienza umana: il fallimento, lestasi, la morte, ledonismo. I suoi album hanno fatto storia, le sue grafiche sono finite nei musei e in passerella; è riuscita a trasformare una cupa città industriale dellInghilterra settentrionale in un florido centro culturale che aveva il suo cuore nel club Haçienda. Un glorioso fallimento racconta lepopea e i protagonisti della Factory spulciando il suo catalogo e immergendosi nella sua estetica, camminando per le strade di quella Manchester che ha influenzato letichetta ed è cambiata al suo ritmo. La fenomenologia dei Joy Division, gli spot in cui risuona Blue Monday, Kanye West che campiona i Section 25, James Murphy degli Lcd Soundsystem che adora gli Esg, i Biting Tongues che preludevano allelettronica di Aphex Twin: in queste pagine viene analizzata linfluenza pulsante della Factory nel nostro presente, la genesi del factorysmo, la fascinazione di Virgil Abloh e Raf Simons per la sua musica e le sue copertine. Con una nota di Peter Hook e interviste a Simon Reynolds, David Stubbs, Dave Simpson (Guardian), John Robb (Louder Than War), Toby L (Transgressive), Tim Putnam (Partisan), Simon Raymonde (Bella Union), James Nice (Ltm) e Kevin Cole (Kexp).
Anonimo -