Se dovessi definire sotto un genere preciso "Un paese ci vuole" lo definirei forse un romanzo autobiografico di formazione. Attraverso queste pagine ho ripercorso la mia infanzia e la mia adolescenza a Portocannone, un piccolo paesino tra le colline del Molise. Tra giri in bicicletta spensierati e costruzione di capanne in giardino mi sono chiesta cosa ha significato essere una bambina in un paese in cui le brave donne non andavano in piazza. E se poi quella bambina era anche la figlia degli americani in Italia e degli italiani in Canada che cosa voleva dire? Ho vissuto l'infanzia con lo sfondo di due mondi e due mentalità molto diverse senza riuscire a capire mai a pieno a chi appartenessi veramente. Crescendo ho iniziato ad avvertire la libertà e la sicurezza che mi avevano dato vivere in un paesino come una sorveglianza continua, e ho iniziato ad avvertire l'impossibilità di crescere e l'impossibilità di cambiare perché sarei comunque sempre stata per tutti solo la figlia degli americani che per anni era stata con un ragazzo di Portocannone.
Anonimo -