Come reimmaginare un processo di urbanizzazione fuori dalle logiche di una crescita senza fine e senza senso? Come possiamo dare spazio a un abitare fuori da relazioni predefinite e immutabili tra casa, famiglia, lavoro e luogo? Domande aperte, ma che possono trovare risposta in una geografia e in un'urbanistica che non rinuncino alle loro dimensioni interpretative, critiche e poetiche.
Anonimo -